L'ARTE IN GIALLO. Il Tesoro del Cardinale

È da poco passata la mezzanotte, squilla il telefono e una voce dice: «Pronto dottore c’è stato un furto in Pinacoteca!».

È buio, freddo e piove. Scende dall’auto l’ispettore Cerfogli, entra nella Pinacoteca, ma ad un primo sguardo non sembra che nulla sia stato portato via. Il direttore, incredulo, non sa darsi una spiegazione, eppure l’allarme ha suonato, l’impianto di videosorveglianza ha registrato la presenza di due persone, ma né porte e né finestre sono state manomesse. Un primo indizio arriva però dalle videoregistrazioni. Due malintenzionati sono stati ripresi all’interno della Sala VI e indugiano di fronte al celebre Cristo Morto di Andrea Mantegna e stanno utilizzando la fluorescenza all’ultravioletto sopra il dipinto. Perché, si domanda tra sé e sé un accigliato Cerfogli, questa operazione sarà stata eseguita un milione di volte su di un quadro così famoso? E i due da dove sono mai entrati e usciti? 

Ed ecco arrivare proprio in quel momento l’agente Tuzio: «Dottore, dottore un furto in via Amandola, 24». 

Arrivano sul posto ma si trovano di fronte ad una scena ben nota, furto con ladri acrobati, i soliti topi d’appartamento. I vicini del piano di sotto, insospettiti per gli insoliti rumori in piena notte dei coniugi Aneta hanno chiamato la polizia. I ladri dal cornicione sono arrivati al balcone degli Aneta, hanno rotto la finestra e li hanno addormentati con spray narcotizzante e mentre erano incoscienti hanno portato via oro, contanti e alcuni oggetti di valore. Si verbalizza e Cerfogli torna a casa.

È l’alba, ma il bassotto Fara deve uscire. Presi paletta e sacchetto, i due si incamminano per un giretto intorno al palazzo, ma fisso nella mente nell’ispettore vi è un pensiero, cosa stavano cercando quei due uomini davanti al dipinto del Mantegna e perché proprio quel dipinto tra tutti quelli che ci sono in Pinacoteca?

Ecco cosa legge Cerfogli dal sito online della Pinacoteca di Brera: Cristo Morto nel sepolcro e tre dolenti è il titolo di quest’opera dipinta da Andrea Mantegna, probabilmente intorno al 1483. Una tempera su tela che misura 81x68 cm. La scena si svolge all’interno del sepolcro, dove il corpo senza vita di Gesù Cristo è stato adagiato su una lastra di marmo. Un gioco di prospettiva ardito e complesso mostra il corpo di Gesù compresso e sebbene le misure anatomiche non siano accurate, l’immagine risulta estremamente verosimile. Gesù ha occhi e labbra chiusi, barba e baffi accennati e lunghi capelli scuri e mossi che gli circondano il viso. In alto a destra si vede un piccolo contenitore di marmo scuro, contenente gli unguenti profumati. Nell’angolo in alto a sinistra ci sono i volti di tre figure, un uomo e due donne. Il primo è Giovanni Evangelista, dietro c'è la Vergine Maria, raffigurata anziana, con la pelle segnata da profonde rughe. Ancora più indietro si trova una donna, identificata con Maria Maddalena. La luce è tenue e proviene da una fonte esterna che sottolinea le ombre dei corpi e le pieghe del lenzuolo. La tinta che domina la composizione, nelle sfumature delle terre, è resa con colori opachi e spenti, che contribuiscono a stendere sull’opera un’atmosfera dolente. 

Leggendo ancora altre informazioni colpiscono l’attenzione dell’ispettore: Andrea Mantegna è stato alla corte dei Gonzaga a Mantova per oltre quarant'anni e il dipinto si pensa che sia stato realizzato durante l’arrivo a Mantova, dalla Turchia, della reliquia della Pietra dell’Unzione su cui si dice fosse stato posto il corpo di Cristo. […] Le vicende legate all’opera sono piuttosto intricate e in alcuni punti misteriose. Il dipinto fu ritrovato dal figlio Ludovico nello studio del padre, morto nel settembre 1506. Alla sua morte Andrea aveva lasciato molti debiti e Ludovico è costretto a sollecitare l’acquisto di alcune opere da parte della famiglia Gonzaga, come quella di un “Cristo in scurto” (Cristo in scorcio). Dopo la vendita della collezione dei Gonzaga nel 1627 l’opera di Mantegna transitò in diverse collezioni private. Nel 1628 il dipinto fu venduto a Carlo I di Inghilterra e dalla collezione reale sarebbe poi passato al mercato antiquario fino alla collezione del cardinale Mazarin, al servizio di Luigi XIV di Francia. Solo nel 1801 Giuseppe Bossi, segretario dell’Accademia di Belle Arti di Brera, acquisì e portò a Milano tale collezione. Il capolavoro di Mantegna entrò a far parte stabilmente delle collezioni della Pinacoteca il 3 luglio 1824.

Se poi si apre Google i riferimenti a questo quadro sono infiniti, cosa si può ancora cercare? E poi con la Lampada di Wood? Ripeteva ad alta voce.     

«Come?! Lampada di Wood, ma dottore, lei pensa ancora a quel dipinto? Non hanno portato via niente, è tutto al suo posto! Sarà stata una bravata».  

«Buongiorno dottore, posta per lei». «Grazie Monachesio».    

Un biglietto senza mittente, recita al suo interno: SE NIENTE TU FARAI, IL SEGRETO MAI SCOPRIRAI.

Che cosa significa? Un segreto, e quale? Ma è uno scherzo!  

«Chi l’ha portata, quando è arrivata questa busta, Monachesio???». «Mah… non so… era tra la posta ed era indirizzata a lei».

La storia continua...